- di e con Pietro Mazzoldi
- scenografia Fabrizio Foccoli
- realizzazione scena Gianbattista Doloni
- luci d Andrea Ghidini
- regia Fabrizio Foccoli
- treatro terrediconfine
“A vivere qui, cambia il senso del tempo. Non cosa faccio tra l’una e le due, ma tra l’estate e l’inverno. Non cosa sogno prima di dormire, ma cosa sogna l’autunno. Non cosa farò il natale che viene, ma tra dieci anni il melo come sarà?
…sarà più bello che mai.”
Cos’è civiltà contadina? Per prima cosa sono oggetti. Strumenti che legano il loro nome al loro uso, alla loro esistenza. Poi è stagioni e misurazione del tempo; è legame con la natura e la terra; è radice. E’ lavoro, duro lavoro per campi, ripe, terrazze, boschi e malghe.
Civiltà contadina è una voce, un racconto orale. Sono persone e storie. Sono favole.
Civiltà contadina è una terra legata alla durezza della miseria e all’ingegno nato per superarla.
Ed è bellezza. Non facile, non a portata, ma da ricercare tra i pesi della fatica e delle difficoltà.
E’ anche una possibilità, una ricerca di armonia, un modo diverso di vivere la Valle e l’ambiente.
In primavera ghè èl frigulà del letame sulle rie, con el “stròss” fatto di frasche. Poi i prati vengono rastrellati per togliere tutti i residui, fogliame e resti del letame, le mondae.
Si vangano gli orti e appezzamenti di terreno per la semina di verdure, patate, granoturco e frumento. All’ occorrenza tutti ci si aiuta.
C’è da far su il fieno, quattro volte a stagione:
il primo di maggio, verso il dieci, dopo il secondo a san Pietro, dopo el raáröl si fa d’agosto e dopo il quarto è pascolo.
“A vivere qui, cambia il senso del tempo. Non cosa faccio tra l’una e le due, ma tra l’estate e l’inverno. Non cosa sogno prima di dormire, ma cosa sogna l’autunno. Non cosa farò il natale che viene, ma tra dieci anni il melo come sarà?
…sarà più bello che mai.”
Cos’è civiltà contadina? Per prima cosa sono oggetti. Strumenti che legano il loro nome al loro uso, alla loro esistenza. Poi è stagioni e misurazione del tempo; è legame con la natura e la terra; è radice. E’ lavoro, duro lavoro per campi, ripe, terrazze, boschi e malghe.
Civiltà contadina è una voce, un racconto orale. Sono persone e storie. Sono favole.
Civiltà contadina è una terra legata alla durezza della miseria e all’ingegno nato per superarla.
Ed è bellezza. Non facile, non a portata, ma da ricercare tra i pesi della fatica e delle difficoltà.
E’ anche una possibilità, una ricerca di armonia, un modo diverso di vivere la Valle e l’ambiente.
In primavera ghè èl frigulà del letame sulle rie, con el “stròss” fatto di frasche. Poi i prati vengono rastrellati per togliere tutti i residui, fogliame e resti del letame, le mondae.
Si vangano gli orti e appezzamenti di terreno per la semina di verdure, patate, granoturco e frumento. All’ occorrenza tutti ci si aiuta.
C’è da far su il fieno, quattro volte a stagione:
il primo di maggio, verso il dieci, dopo il secondo a san Pietro, dopo el raáröl si fa d’agosto e dopo il quarto è pascolo.
“A vivere qui, cambia il senso del tempo. Non cosa faccio tra l’una e le due, ma tra l’estate e l’inverno. Non cosa sogno prima di dormire, ma cosa sogna l’autunno. Non cosa farò il natale che viene, ma tra dieci anni il melo come sarà?
…sarà più bello che mai.”
Cos’è civiltà contadina? Per prima cosa sono oggetti. Strumenti che legano il loro nome al loro uso, alla loro esistenza. Poi è stagioni e misurazione del tempo; è legame con la natura e la terra; è radice. E’ lavoro, duro lavoro per campi, ripe, terrazze, boschi e malghe.
Civiltà contadina è una voce, un racconto orale. Sono persone e storie. Sono favole.
Civiltà contadina è una terra legata alla durezza della miseria e all’ingegno nato per superarla.
Ed è bellezza. Non facile, non a portata, ma da ricercare tra i pesi della fatica e delle difficoltà.
E’ anche una possibilità, una ricerca di armonia, un modo diverso di vivere la Valle e l’ambiente.
In primavera ghè èl frigulà del letame sulle rie, con el “stròss” fatto di frasche. Poi i prati vengono rastrellati per togliere tutti i residui, fogliame e resti del letame, le mondae.
Si vangano gli orti e appezzamenti di terreno per la semina di verdure, patate, granoturco e frumento. All’ occorrenza tutti ci si aiuta.
C’è da far su il fieno, quattro volte a stagione:
il primo di maggio, verso il dieci, dopo il secondo a san Pietro, dopo el raáröl si fa d’agosto e dopo il quarto è pascolo.
Le stagioni dei prati è un progetto che nasce da interviste e da incontri, unico modo per poter approfondire la relazione con un tempo e una terra che non hanno esaurito la loro storia.
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