VIA DEL POPOLO

Giovedì 27 Aprile – ore 21:00
LUMEZZANE
Teatro Odeon – via Marconi, 5
ingresso 10 euro – ridotto 7 euro

Di e con Saverio La Ruina
Disegno luci Dario De Luca
Collaborazione alla regia Cecilia Foti
Audio Luci Mario Giordano
Allestimento Giovanni Spina
Dipinto Riccardo De Leo
Amministrazione Tiziana Covello
Organizzazione generale Settimio Pisano

Via del Popolo, un tratto di strada di una cittadina del Sud che un tempo brulicava di attività: due bar, tre negozi di generi alimentari, un fabbro, un falegname, un ristorante, un cinema… Due uomini percorrono via del Popolo, un uomo del presente e un uomo del passato. Il primo impiega 2 minuti per percorrere 200 metri, il secondo 30 minuti. È la piccola città italiana a essere cambiata, è la società globalizzata. Ai negozi sono subentrati i centri commerciali e la fine della vendita al dettaglio ha portato via posti di lavoro, distruggendo un modello sociale ancora basato sulle relazioni personali.

A cu appartènisi, chiedevano i vecchi paesani, a chi appartieni? E dalla tua risposta ricavavano le informazioni essenziali sulla tua identità. Via del Popolo è il racconto di un’appartenenza a un luogo, a una famiglia, a una comunità. Ma quei duecento metri rappresentano anche un percorso di formazione in cui sono gettate le basi della vita futura, dal quale emergono un’umanità struggente, il rapporto coi padri, l’iniziazione alla vita, alla politica, all’amore. E non solo, Via del Popolo è anche una riflessione sul tempo, il tempo che corre ma che non dobbiamo rincorrere, piuttosto trascorrere.

HANNO DETTO

Controscena.net – Enrico Fiore – 08/12/2022

[…] la caratteristica pregnante e il pregio straordinario di «Via del Popolo» stanno […] nella trasformazione dell’«altrove» nel qui. […] «Via del Popolo» mette in moto un’inarrestabile (e ad un tempo virtuosistica e commovente) girandola di slittamenti e dislocamenti di senso […]

Milanoteatri.it – Danilo Caravà – 08/12/2022

[…] La Ruina ti prende un singolo istante, più sottile di un granello di sabbia, e te lo fa vedere, anzi, meglio ancora: te lo fa sentire […] Appare, agli spettatori, un diamante purissimo, una luce esistenziale svelata, come il più prezioso dono. […] di una dolcezza struggente […]

Bebeez.it – Mario Cervio Gualersi – 08/12/2022

[…] esilarante Spoon River […] Figure legate da un impalpabile velo di poesia […] Saverio La Ruina nella sua vena più felice, alle prese con il materiale umano che gli è più congeniale e che sa affabulare con maestria.

Sipario.it – Gigi Giacobbe – 22/12/2022

[…] una pièce teatrale autobiografica, interpretata e diretta magnificamente […] applauditissimo. 

Gazzettadelsud.it – Vincenzo Bonaventura – 13/12/2022

Saverio La Ruina, entertainer della parola che si fa teatro di narrazione, lo percorre con sicurezza, consapevole spavalderia e capacità magistrale.

Recensito.net – Tommaso Chimenti – 23/12/2022

Una strada come pretesto per raccontare una città, e una società e una socialità […] una autobiografia tenace e robusta ma al tempo stesso commovente e toccante […] E’ un quadro, un affresco dipinto con i colori tenui dell’anima […] Brividi sparsi.

Persinsala.it Lorena Martufi – 05.01.2023

[…] testo bellissimo e ardimentoso, squisitamente letterario e sorprendentemente ironico  …] meravigliosa cifra stilistica […] Protagonista è il tempo, interrogato attraverso gli occhi del padre, immagine potente e fragile, piena di poesia […]

SCENA VERTICALE FIRMA IL NUOVO SPETTACOLO ARRIVATO A MESSINA PER LA RASSEGNA EPIC – ESPERIENZE PERFORMATIVE DI IMPEGNO CIVILE

Il passo è rilassato, elegante, per non disturbare troppo la quiete di un piccolo cimitero, caratterizzato da alcuni lumini sparsi qui e là.

Parola dopo parola, la memoria del passato viene vivificata grazie a gesti, suoni, frasi a comporre ricordi di un tempo rimasto indelebilmente scolpito nel cuore e nella mente.

Ruota attorno al concetto di tempo – esplicitato anche dalla scena, dove campeggia un orologio da taschino che scivola molle sulla superficie su cui è adagiato, forse ispirandosi nelle forme al dipinto “La persistenza della memoria” di Dalì, rielaborato da Riccardo De Leo – “Via del Popolo”, il nuovo lavoro scritto, diretto e interpretato da Saverio La Ruina, che torna alla forma monologante di cui padroneggia stilemi e tecniche, con leggerezza e ironia, delicatezza e garbo. E torna alla sua terra, il monte Pollino, a metà fra il mare dello Ionio e del Tirreno, da cui la famiglia si mosse per raggiungere poi Castrovillari, provincia di Cosenza, casa e dimora anche della compagnia Scena Verticale a cui La Ruina, insieme a Dario De Luca – che dello spettacolo cura il disegno luci – e Settimio Pisano ha dato vita ormai 30 anni fa.

Ma la storia che La Ruina racconta e compone sulla scena con maestria e rigore va ancora più indietro nel tempo, da recuperare, da custodire con prezioso riguardo: è un viaggio dagli anni ‘60 ai nostri giorni. La via del Popolo, di cui La Ruina tratteggia storie e volti, quasi fossero i protagonisti di una laica Via Crucis del ricordo, è un tratto di strada che, come molti, un tempo brulicava di attività: due bar, tre negozi di generi alimentari, un fabbro, un falegname, un ristorante, un cinema… luoghi oggi inghiottiti dal tempo, trasformati in altro oppure desolatamente chiusi. Ma basta poco per ri-vedere le vicende del passato, ricordarne le storie, le persone, rievocate con dovizia di particolari, leggerezza, ironia e un pizzico di nostalgia da La Ruina che, alla sua, alterna altre voci e altre vite sulla scena, come un mosaico dai mille colori.

Due uomini percorrono quella via del Popolo, un uomo del presente e un uomo del passato. Il primo impiega due minuti per percorrere 200 metri, il secondo 30 minuti. Ed è in quel lasso di tempo che si consuma e vivifica il ricordo: lacerti di storie emergono dalle parole di La Ruina che, come di consueto, accompagna la narrazione con gesti delle mani quasi a disegnarli nell’aria i protagonisti evocati dalla parola, come ad accarezzarli nel percorso della vita fatta insieme.

Un racconto sì autobiografico, quello imbastito con una narrazione leggera e poetica, densa e ricca di sfumature, dal quale emergono, attraverso flash back prima i genitori, poi gli abitanti di quella Castrovillari che accoglie la famiglia La Ruina. Ma anche una porta verso il passato, l’occasione preziosa per osservarne cambiamenti e direzioni. E il fulcro della narrazione è quella via del Popolo crocevia di storie e di vite: ci sono il bar Rio dei La Ruina, il padre Vincenzo e lo zio Nicola, avamposto di libertà e di voglia di trasformazione, dove Saverio ha iniziato a lavorare, le botteghe di generi alimentari, le officine artigianali di fabbri e falegnami, la merceria, il frequentato Cinema Astor col suo proiezionista Giannino, che hanno colorato la vita della strada, sulle note delle canzoni di quegli anni, dai Beatles ai New Trolls.

Ricordi e aneddoti a volte troppo affollati nella narrazione, ma che toccano momenti di grande poesia e condivisione: dal centro alla periferia, Castrovillari diventa epicentro di quelle lotte che negli anni ’60 hanno animato generazioni di giovani, manifestazioni, incontri, occasioni per sperimentare. E a fare da fil rouge al racconto la famiglia, quei genitori tanto preziosi nell’esempio di vita, le cui vicende e in particolare quelle del padre, puntellano la narrazione.

Uno spettacolo intimo, come lo sono i ricordi, impreziosito da una lingua densa, che all’italiano mescola quel dialetto capace di conferire intimità e immediatezza al racconto e che trova la sua perfetta collocazione in spazi raccolti, come fossero cortili in cui radunare amici e conoscenti per dare vita al racconto, così come è stato per la replica ospitata dal Teatro dei 3 Mestieri di Messina, nell’ambito della interessante rassegna EPIC (Esperienze Performative di Impegno Civile), progetto di promozione del teatro nelle periferie realizzato a Messina da Mana Chuma Teatro in partenariato con Rete Latitudini e Teatro dei 3 Mestieri.