Il nome
Terre di confine
C’era una volta una valle stretta e buia piena di gente stretta e buia che sapeva anche guardare al cielo e alla terra. C’era una volta un territorio di miniere e pascoli, di ruscelli e boschi, di fabbriche e di canti, di libri e di strumenti. C’era una volta un dialetto stretto e buio e un italiano stretto e buio. C’era una volta una terra di confine piena di contraddizioni e difficoltà. E di bellezza anche, e incontri.
Treatro
L’inciampo linguistico di un bambino, l’errore che genera novità. Infondo non è la migliore delle partenze? Un piccolo respiro e via, un piccolo respiro che dura da più di trentanni, un piccolo respiro che sempre cerca, che ancora si rinnova. Come un errore. Come un inciampo. Come un bambino che si ostina a crescere e stupirsi nonostante tutto, o in favore di esso.
Il pensiero
Ogni territorio a due movimenti, uno eccentrico e uno concentrico. Uno che porta ad andare, a ricercare, ad esplorare ed accrescere i propri confini; uno che porta a stare, ad ospitare, a scavare nelle proprie radici, nella propria terra, per trovarvi il nuovo.
Cerchiamo questi movimenti nel lavoro di ogni giorno: quello che ci porta ad educare alla bellezza noi stessi, chi lavora con noi e chi segue i nostri laboratori teatrali: gli ospiti dei centri di recupero e delle comunità, chi affronta ogni giorno la sua disabilità, chi affronta ogni giorno la sua normalità.
Il linguaggio teatrale è un’opportunità per vivere e far vivere un territorio e le sue ricchezze e miserie.
Le persone
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